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2010

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Sabato, 25 Dicembre 2010 00:00

PRESS/Tletter n.28-29/2010

CRONACHE E STORIA- NOVEMBRE 1960

 

L’editoriale di Bruno Zevi si occupa del codice dell’urbanistica da approvare in concomitanza delle elezioni amministrative del 1960.

Tema quanto mai attuale se è vero che in campagna elettorale si favoleggiano, da sempre, investimenti su lavori pubblici in grado di renderci la vita più agevole……………….

Se esiste una “certezza italica”, si può dipingere con i tratti delle promesse elettorali; ma in questi anni tutti i sedicenti “pittori” della politica ci hanno devastato con programmi tanto fantastici quanto mai applicabili.

Avremmo preferito promesse da “imbianchino“ supportate, però, da realizzazioni degne di un paese moderno.

La scienza urbanistica, da sempre, studia e traccia le direttive dello sviluppo che dovrebbero avere le città del mondo.

Nel resto del mondo.

In Italia, “allegro” paese che ama differenziarsi, l’urbanistica è paragonabile al gioco del Monopoli che, a differenza dell’originale, si gioca su un tabellone a forma di stivale dove manca la casella della prigione……

Il codice dell’urbanistica proposto serviva per far aderire le strategie dei piani alla “soluzione Italia”, per non esprimere schemi velleitari e soprattutto per non creare miraggi teoricamente perfetti ma inapplicabili.

In sostanza per combattere “l’inefficienza operativa”.

Da sempre i piani urbanistici sono legati a fantomatici programmi economici che non forniscono mai, e sottolineo mai, fondi per l’attuazione degli stessi.

Il codice urbanistico tenterà di distinguere questo folle binomio di far coincidere il piano urbanistico con il programma economico, cercando di trovare quell’indipendenza che potrà riconsegnare l’autonomia allo strumento di previsione urbanistica.

Molto semplicemente si chiedeva che, una volta approvato, il piano potesse diventare la linea conduttrice e vincolante degli investimenti pubblici e dell’intervento dello Stato sul territorio.

Come dire: “Se dobbiamo spendere dei soldi adoperiamoli nella direzione prevista dal piano altrimenti, non sperperiamo a vanvera”.

Concetto troppo semplice e lineare per il nostro paese, che in tutti questi anni si è consumato in battaglie sull’inettitudine, sulla falsità e sulla corruzione che l’hanno condannato a un ritardo incolmabile verso la modernità.

Perché l’Italia meschina, gretta, arruffona, retorica, violenta e vigliacca vince sempre sull’Italia moderna?

Ancora un “Mistero Italiano”.

Servirà per caso un plastico per venirne a capo?

Altro tema.

Esiste una critica architettonica efficiente?

Le possibilità sono chiaramente due: non esiste perché gli architetti non la vogliono oppure esiste ma gli architetti non ne tengono conto.

Quando gli architetti chiedono che la critica sia più severa, intendono che essa sia esercitata sugli edifici dei colleghi e non sui loro.

Se uno critica qualche architetto, il minimo che possa capitargli è di sentirsi accusato di gelosia professionale o di essere tacciati di “architetto fallito”.

Diversamente da alcuni campi artistici, quali il cinema, il teatro, la musica o la letteratura, la critica, nel campo architettonico non è bene accetta.

Quando, però, la critica esiste gli architetti non la leggono, limitandosi a guardare le foto dei nuovi edifici.

I più volenterosi mettono da parte gli articoli critici riservandosi di leggerli con attenzione nel primo momento libero che non arriverà mai…….

E’ buona norma quindi:

scaricare e salvare la presS/Tletter,

stamparla,

e poiché non contiene immagini da contemplare,

leggerla comodamente in ufficio, in soggiorno o in bagno.

In alternativa riporla da qualche parte in attesa che lo sforzo volontario di alcuni passionari di architettura, prima o poi, vi contagerà.

Se sbadatamente nel 1960 non ti eri ricordato di comprare alcun fascicolo della rivista “L’architettura-cronache e storia”, l’Etas Editrice ti metteva a disposizione l’annata completa,

12 fascicoli dal n.31 al n.42 al prezzo favoloso di lire 10.000 ……………………..

pardon 5.16 euro!!!!!!!!!!!!!

CRONACHE E STORIA- DICEMBRE 1960 - GENNAIO 1961

 

Tracce di quell’Italia che non esiste più……………..

Negli anni ‘60 fu edificata la borgata S.Apollinare in Dossetti presso Ferrara, opera dell’architetto Pierluigi Giordani; questa piccola borgata rurale, a servizio delle popolazioni che avrebbero lavorato nel delta padano, era rappresentativa di quella voglia di strutturarsi che l’Italia aveva dopo la fine del conflitto mondiale.

Le bonifiche padane, infatti, avevano generato molto lavoro nell’ambito rurale e a seguito di questo spostamento di masse si decise di edificare centri civici che avrebbero supportato la loro voglia di aggregazione.

Questo progetto rappresenta ancora un valido esempio, sia dal punto di vista economico che da quello sociologico, di come sia possibile riuscire a edificare uno stile di vita e di educazione comunitaria con scarsità di mezzi ma con uno spirito eccelso.

Oggi si continua a edificare ma si sono persi sia lo spirito sia quella voglia di aggregarsi…….

Echi dall’Olanda………………

Sono presentate quattro opere dell’architetto Gerrit Rietveld, progetti contraddistinti dalla grande ricchezza di elementi costruttivi generatori di luce, colore e spazio.

Le accuse di Theo Van Doesburg a Rietveld di tradire lo “spirito del De Stijl”, dopo la partecipazione di quest’ultimo a una mostra allestita dal Bauhaus nel 1923, furono dettate più dal risentimento nato dall’estromissione di Van Doesburg dalla scuola di Weimar che dal reale distacco del maestro olandese dal “De Stijl”.

Le sue opere dimostreranno, al contrario, una fedeltà fatta di coerenza al linguaggio neoplastico, frutto di soluzioni mai capricciose e scandite da segni decisi e sperimentati.

La casa per un medico a Ilpendam presso Amsterdam ne è la sintesi felice: una scultura vivente con mura e pannelli vitrei che, insieme, aprono e chiudono l’edificio rispetto al paesaggio che la circonda, creando quel “continuum visivo”, tra casa e natura, vibrante di emozioni.

Capolavori……………………..

In questo fascicolo è presentato un capolavoro assoluto dell’architetto Hans Scharoun: la scuola femminile di Lunen in Westfalia.

La conformazione planimetrica, frutto di una distribuzione articolata e funzionale psicologicamente, è composta da una serie longitudinale di edifici che fanno da spina a due serie di cellule scolastiche articolate secondo i principi scharouniani delle “sfere psicologiche”.

La scuola rappresenta uno dei migliori esempi di spazi creati per l’armonia della crescita.

Ogni cellula era composta da uno “spazio dell’attenzione” che corrispondeva alla vera e propria aula, da uno “spazio spirituale” per le attività di gruppo e ricreative e da uno “spazio giochi” da svolgersi all’aperto.

L’etica progettuale unita alla capacità di organizzare una sconcertante frammentazione planimetrica rivela una dinamicità che supera qualsiasi forma di regola progettuale precostituita e rappresenta, ancor oggi, un capolavoro del “non finito”.

Ricordi……………

La vita dell’architetto Giovanni Vedres, spezzata prematuramente nel 1960 a soli 57 anni, ci permette di ricordare la parabola di questo uomo sfortunato.

Nato a Firenze, studia al politecnico di Milano compiendo gli studi universitari a Monaco; a 24 anni si stabilì a Parigi ove conobbe colui con cui avrebbe collaborato nella prima parte della sua carriera: Andrè Lurcat.

Gli rimase fedele anche quando il periodo felice di Lurcat, unico concorrente di Le Corbusier, volse al crepuscolo; lo fece animato da quei valori morali che avevano più importanza delle ambizioni professionali e da quella fedeltà e amicizia che venivano prima dell’arrivismo professionale.

Questa discrezione caratteriale non limitò però, la produzione architettonica che, altresì, fu molto feconda e si svolse soprattutto in Francia.

Fu grazie all’incontro con l’architetto Emile Aillaud che riuscì a realizzare i grandi quartieri nella periferia di Parigi: Bobigny, Asnieres e Epinay-sur-Seine; questi progetti furono per Vedres la palestra ove riuscì a eccellere sia sul piano tecnico, grazie alla elevata prefabbricazione degli edifici, che sul piano artistico, grazie alla personalizzazione espressiva dei grandi complessi residenziali.

Rievocare, attraverso il ricordo, il lavoro di alcuni architetti è sempre più necessario affinché tutti possano conoscere e ri-conoscere la tradizione dell’architettura moderna italiana.

Tra queste figure la rivista ricorda Cesare Cattaneo, figura non minore del più conclamato maestro

Giuseppe Terragni.

Nel progetto per una casa dell’Assistenza del 1935 la sua maturazione fu impressionante: i delicati e intelligenti passaggi tra i vari corpi rientranti e aggettanti, il comporre per incastri di stampo non manualistico e la nitida narrativa planimetrica e altimetrica dimostrarono come il destino, decidendo di stroncare la vita di Cattaneo a soli 31 anni, gli abbia offerto il compendio di un’eccezionale precocità espressiva.

Nel 1960 molte persone che lavoravano nell’indotto edile abbandonarono questo lavoro a favore di un posto in fabbrica; la stabilità del lavoro e i minimi salariali annuali davano all’industria quella sicurezza che nel campo edile era assente.

A Milano su 365 giorni lavorativi, 60 erano festivi e 150 inattivi causa maltempo; quindi, lavorando i restanti 155 giorni all’anno a 1500 lire al giorno si guadagnavano 225.000 lire l’anno ovvero 18.750 al mese………………………………………………….pardon 116,20euro l’anno ovvero 9.68 euro al mese !!!!!!!!!!!!!

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Venerdì, 10 Dicembre 2010 00:00

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